
Questa avventura prende vita da un’idea di Sara Andrei, parmigiana trasferitasi a Trento due anni fa, che, come in un’omaggio al salto del vuoto di Yves Klein, ha deciso di riaffacciarsi al mondo della ristorazione (in precedenza, con Antonio Basileo che rivedrete anche qui dietro al bancone,
chef e maestro panificatore, aveva aperto il ristorante “Ohibò” a Parma) in un periodo storico in cui tanti vorrebbero allontanarvisi.
“La Quinta del Sordo deve essere un locale nel quale io stessa andrei”, disse Sara qualche tempo fa, e , seguendo questo pensiero come un dogma, il loro bacaro ha iniziato a prendere forma dapprima come idea e poi come realtà.
“Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti” diceva Karl Kraus e Sara aggiunge “noi il sole lo vogliamo alto , anche per poter bere un’ombra di vino sotto i portici di via del Suffragio , quindi ogni evento che voglia essere un valore aggiunto per il territorio saremo ben felici di promuoverlo e organizzarlo.
Non sono nata a Trento ma credo che una città sia di chi la rispetta e la ama e la Quinta del Sordo si impegnerà attivamente, anche tramite networking con le vicine realtà già esistenti, per promuovere la ripresa di tutta quella serie di attività secondarie che animavano il cuore della città e che due anni di pandemia e gli scenari internazionali sembrano aver cancellato anche nel ricordo. Il tutto, sempre e comunque, nel rispetto delle regole di buon vicinato.

Il senno di poi è diverso da quello di prima.
Col senno di poi non avrei lasciato la scuola per inseguire un amore, ma devo a questa decisione impopolare l’inizio di questa storia e più precisamente a quando, in una fredda e umida serata parmigiana di vent’anni fa, un professore di storia dell’arte con il naso grande almeno quanto le sue mani mi parlò per la prima volta de la Quinta del Sordo, casa in cui Goya si ritirò ad un certo punto della sua vita, stanco e provato dagli orrori della guerra, e dove dipinse le sue pitture nere.
D’Annunzio diceva che bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte e questo per me, è nell’ordine stesso delle cose.
C’è chi si chiederà perché una parmigiana abbia sentito la necessità di aprire un bacaro veneziano a Trento, per giunta chiamandolo come una casa della periferia ovest di Madrid , ma certe domande è giusto che rimangano sospese…del resto, una storia si scrive dall’inizio alla fine.

Prima di continuare con i pregi, riprendiamo la carrellata dei loschi figuri dietro al bancone
LUI è ANTONIO
Siete sicuri che sia questa la storia che volete sentire? io credo di no.
Antonio è nato nella pizza, o almeno così c’è la racconta. instancabile e creativo ai fornelli e nella vita, squisitamente pazzo, alle volte un pò sulle sue ma ci piace anche quando ha la luna storta.
Sarà lui l’ideatore di molto di quello che troverete in vetrina, lui e la sua instancabile passione per il bello, il buono, per i giusti abbinamenti e per le materie prime più curiose e di qualità che si trovano in commercio e non.
Un creativo con due mani e un palato d’oro. Saprà rendervi felici.
AVVERTENZA!!
i suoi cicchetti creano dipendenza, del resto per anni ha realizzato effetti speciali cinematografici!!!
ORA SIETE AVVISATI.

Lui invece è Francesco, Trentino DOC, si dice così? sempre per chi vuole sentire le solite storie che si raccontano, quelle che verosimilmente dovrebbero dirci “chi è” una persona.
Fotografo, ma ben al di là del significato stretto del termine, diciamo che per inquadrarlo meglio dovreste vedere il mondo attraverso il suo occhio, e questo potete farlo andando a qualche sua mostra fotografica o dando una sbirciatina al suo profilo Instagram (clicca qui)
Ad ogni modo, si, lui è di queste parti e in questo la Quinta ben incarna il desiderio comune di noi ceffi di voler rappresentare il territorio non soltanto nei taglieri e nei calici.
Fotografia e non solo, letteratura, cinema ma sopratutto l’arte di saper vivere e costruirsi una vita della giusta misura, in cui tutto è rispettato , celebrato e occupa il giusto spazio. Certamente è il più riflessivo, ma non fatevi ingannare: dentro ad ogni buon osservatore c’è sempre un abile narratore di storie.